Martedì 6 marzo ha avuto luogo il consueto incontro di formazione permanente presso la struttura della Pace.
Relatore del pomeriggio padre Gianfranco Galli che ha parlato sul tema, scelto per quest'anno, della condivisione. Interessantissimo intervento che sintetizziamo a vantaggio degli assenti all'incontro.
Riflessioni tenute da
Padre Gianfranco Galli sul tema “Condivisione”
Filo conduttore è stato il libro
“Vivere insieme” del teologo luterano tedesco D. Bonhoeffer,
agonizzato dai nazisti nel campo di concentramento di Flossenburg
nel 1945.
Comunione di vita e
condivisione, a livello cristiano , fa sempre riferimento a quello
che ha indicato Gesù' e quello che ha vissuto. Nella sua
missione scelse delle persone che ha tenuto con sé : la prima
comunità cristiana. Alla base di questa non c'era solo simpatia
umana. Noi abbiamo condivisione a partire dalla famiglia (legge di
sangue) poi abbiamo simpatie che ci portano a legare con altre
persone in vari campi. La condivisione cristiana si differenzia da
altre forme perché centra Gesù ed il messaggio che ci dà lui in
segreto.
Come persone umane non
possiamo vivere da soli: sentiamo di essere incompleti. Noi ci
completiamo durante la vita mediante relazioni. Siamo soli, abbiamo
bisogno di qualcuno che abbia la stessa capacità di capire, di
sentire in modo che relazionandoci possiamo condividere e comunicare
e renderci migliore la vita.
La condivisione
cristiana non ha però come centro una simpatia, ha come centro
Gesù e il suo messaggio. Gesù è venuto a parlarci di qualcosa che
noi non potevamo capire da soli. Cosa sia l'altro mondo non possiamo
comprenderlo né quale sia il significato ed il valore della nostra
vita. Le domande che ci poniamo sono più grandi di noi stessi. La
vita umana, letta con i nostri occhi, è qualcosa di effimero. Chi
assiste gli ammalati vede persone che si consumano. La vita umana
è qualcosa che ci è donato ma dal momento in cui ci è donata se ne
va. Sentiamo desideri grandissimi in noi, ma tutto se ne va. Per
comprendere che questo ha un significato abbiamo bisogno che
qualcuno al di sopra di noi ce lo comunichi. Gesù è venuto
per questo.
Le costruzioni della
comunità umana hanno un grosso limite: stanno in piedi per i nostri
desideri. Se non sono più' esauditi non sono più condivisi. Se non
c'è più condivisione non ha più senso stare insieme. La
condivisione nel nome di Gesù sta in piedi su qualcosa che ha
costruito Dio: ha senso comunque. Bonhoeffer sottolinea questo
aspetto : condivisione umana e comunità' che è nel nome del Signore
.
Nell'attività di
volontario sentiamo il dolore della persona, fisico, morale,
spirituale.
Soli nel dolore non stiamo
bene. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci stia vicino. Questa
“empatia” è già un grande motivo di solidarietà sia per
credenti che per non credenti . Noi sappiamo che quando siamo nel
dolore e qualcuno ci è vicino, ci ascolta e prende parte alla nostra
sofferenza questa ci “pare” più lieve. Non scompare perché
non possiamo cambiare il cammino della nostra vita. C'è una
grandissima differenza a viverne da soli il peso o con qualcuno
accanto. Se poi riusciamo a metterci accanto un motivo di fede
cristiana nel condividere, abbiamo una spinta in più perché
sappiamo che quella sofferenza ha un valore per Dio Padre. Se non c'é
una fede la persona vive la sofferenza umana, se c'è fede
condividiamo ciò che ha valore in Dio Padre.
La condivisione e
comunione che viviamo con altre persone non è un ideale soltanto
umano, possiamo e dobbiamo essere in sintonia con tutti : credenti e
no.
Accompagnare ammalati
che non credono, condividerne il sentire ha qualcosa di estremamente
profondo.
La condivisione nel nome
del Signore è' qualcosa che vien dato da Dio attraverso Gesù.
L'attività prevalente di Gesù era essere accanto a chi soffre: per
Dio Padre la sofferenza ha un significato. Gesù non ci ha parlato
della sofferenza, non ci ha detto nulla : lui l'ha vissuta e vissuta
in modo estremo. Gesù ha indicato che l'amore di Dio non viene meno
nella sofferenza più estrema ed anche più assurda. Perché
causarci del male originato dalla nostra volontà, come quella di
Gesù? Lui l'ha vissuta e l'ha accolta perché Dio é presente anche
nella sofferenza assurda. Solo Dio conosce il valore della
condivisione in lui, più grande della condivisione umana, che è un
ideale. Bonhoeffer sottolinea che la condivisione umana in quanto
“ideale” si scontra fatalmente nella realtà con la delusione.
Incontriamo le persone, ci aspettiamo qualcosa come essere compresi,
essere voluti bene, che l'altra persona abbia la capacità di
sentire quello che noi sentiamo: legittimi desideri umani che molte
volte cadono nella delusione. Stando insieme ci sono momenti in cui
l'altra persona ci ferisce, viene fuori il suo egoismo cui noi
rispondiamo con il nostro egoismo.
La delusione è' in
ogni ambito della vita, anche nelle comunità' cristiane. Fa
parte della vita comune. Non esiste un luogo ideale. La delusione fa
parte della condivisione. Eppure c'é la capacità di andare
oltre la delusione. Questo dimostra che si sta ancora assieme per
dei “motivi” e i “motivi” non vengono meno.
Anche Gesù ha
sperimentato il tradimento. Non era un “imbecille”. Ha scelto
Giuda e sapeva a cosa andava incontro. E' come avesse detto :”La
comunità umana non sarà mai perfetta. Se c'é un motivo per andare
avanti non è umano; il motivo ce lo dà Dio Padre : ciò che noi
cerchiamo di costruire ha un valore più grande di noi.
E' facile che ci si
attacchi ad ideali ma se amo solo l'ideale distruggo la comunità
reale. L'amore ideale non costruisce nulla, quello reale può
costruire.
Solitudine e comunità.
Non siamo creati per la
solitudine.. La teologia cristiana usa un concetto che non c'è in
nessuna altra religione : la Trinità. Concetto difficile, che
accettiamo. Dice che in Dio c'è una comunità che nell'amore tra
Padre e Figlio ci siamo noi.
Una persona può stare
sola solo se è in comunione interiore con qualcuno, che può
essere Dio o una persona che si ama. Però sempre una comunione.
Se cerchiamo la comunità
come rimedio esclusivo al nostro bisogno, alla fine smontiamo gli
altri, diveniamo un peso per loro. Ogni comunione che noi viviamo
deve arricchirci dentro e trattenere dentro quello che noi viviamo in
modo di essere capaci anche di stare da soli. Per paradosso se uno
non è in grado di stare in comunione non è neppure in grado di
stare nella solitudine e viceversa. Capacità di stare con noi
stessi, fare tesoro dell'altra persona. Saperlo tenere dentro,
nell'anima; allora lo si sentirà anche quando non e' più vicino a
noi.
I Discepoli disputavano
: “Chi fra noi e' il maggiore?”
Questa disputa nasce
ovunque. E' umano cercare una nostra importanza, una nostra
affermazione. Anche in comunità si cerca di contare più delle
altre persone.
Per trasformare un nostro
difetto bisogna prima riconoscerlo e poi modificarlo trovando l'idea
che c'è un fine e bene comune che ci fa superare i dissapori, le
meschinità, i pettegolezzi. Il volontariato e' buono se lo scopo e'
buono. Cioè il fine che facciamo insieme vale di più del singolo
successo personale. Serve lo spirito di squadra. L'obiettivo comune
ce lo dà Dio : vivere una comunione tra noi e le persone che
soffrono. La comunità nel Signore non è un ideale umano ma un
ideale di Dio.
Gesù ha detto: voletevi
bene. Se vi volete bene sarete il segno di me, viceversa non sarete
il segno di me.